Cosa significa documentare? Cosa ce ne facciamo dei dati che documentiamo di una collezione? Alcuni suggerimenti su come valorizzare al meglio una collezione, attraverso una pratica ordinata e necessaria
E se conservare correttamente la propria collezione pesasse in maniera evidente sul valore delle opere che circolano sul mercato? Ebbene, è già così.
Sappiamo bene...
Se all’interno della vostra collezione fosse presente un bene culturale è molto importante tenere a mente, per non incappare in multe salate, che, per legge, occorre provvedere alla sua conservazione, alla sua manutenzione e, se necessario, al suo restauro. E che, prima di poter fare tutto ciò, è necessario richiedere una specifica autorizzazione alla Soprintendenza. Ecco qui l’iter da seguire.
Con l’arrivo dell’estate si chiude la casa in città e si aprono le case-vacanza in cui ci si trasferisce per trascorrervi l’intera stagione. Questa è anche l’occasione migliore per godersi e prendersi cura delle opere d’arte che compongono la “succursale” della vostra collezione. Quali sono i consigli da seguire per non annoiarvi in vacanza e per assicurarvi che questo periodo di riposo faccia bene non solo a voi ma anche alle vostre opere?
Molte collezioni d’arte presentano al loro interno una sezione di opere esposte all’esterno, collocate sui balconi o nei giardini, che rendono lo spazio accattivante, quasi magico. A volte si tratta di sculture monumentali o di dipinti murali realizzati sulla facciata delle dimore (spesso pensate site specific); altre volte si tratta di opere realizzate con giochi d’acqua, opere in legno, in ceramica, in pietra o anche realizzate con materiali sintetici.
Spesso i materiali utilizzati per queste opere si ritrovano anche in lavori custoditi in ambienti confinati, ma dal punto di vista conservativo, quali sono le differenze? A cosa fare attenzione se si decide di collocare un’opera all’esterno?
Molto spesso mi capita di dover restaurare opere di cui non si ha alcuna informazione su tecnica, materiali utilizzati e storia conservativa.
Ma nel restauro, specialmente nel caso di opere d’arte contemporanea dove il messaggio artistico è intrinsecamente legato all’oggetto e alla materia che lo rappresentano, l’avere quante più informazioni possibili sull’opera ci permette di non prendere decisioni sbagliate.
Tutte queste informazioni possono facilmente essere reperite al momento dell’acquisizione, senza dover ricorrere a supposizioni – spesso errate – o ad infinite ricerche. Quali domande porre dunque? E come farlo?
Quando parliamo di danni antropici dobbiamo pensare non solo a situazioni estreme come agli atti vandalici o agli incendi dolosi, ma anche a piccoli gesti dovuti all’incuria, alla sbadataggine o all’inconsapevolezza dell’uomo.
Quali sono gli errori da non commettere ed evitare quindi questo tipo di danni? Alcune semplici regole da adottare nella gestione quotidiana delle collezioni di opere d’arte che faranno la differenza.
“No flash please!” Quante volte ci è capitato di leggere questo cartello all’interno di spazi espositivi, chiese o musei? Questa, talvolta fastidiosa, richiesta ha motivi conservativi ben specifici, legati al fatto che la luce, con le sue radiazioni (UV e IR in particolare), è una delle principali cause del processo di degrado al quale tutte le opere d’arte (così come qualsiasi oggetto) sono, in misura differente, inesorabilmente sottoposti.
Alcuni esseri viventi possono essere causa di deterioramento per le opere d’arte. Questi sono detti agenti biodeteriogeni e si dividono in microrganismi, piante e animali. Ma come riconoscerli? Sembrano infatti innocue e minuscole creature ma i danni che portano possono essere grandi ed irreversibili. Quando non si riesce a prevenirli, diventa oltremodo fondamentale individuarli in tempo e agire.
Nel precedente articolo si è parlato dell’intervista all’artista come strumento per la conservazione delle opere. Questo è, per il mondo della conservazione delle opere...
"Intelligenza artificiale e mercato dell'arte" di Jo Lawson-Tancred affronta proprio questa tematica, analizzando, con grande acume e chiarezza, gli effetti dirompenti della tecnologia su un ecosistema spesso diffidente verso il cambiamento